Ho deciso di raccontare la mia esperienza con DAZN, non per una polemica personale, ma perché credo che rifletta un problema più ampio di trasparenza e tutela dei consumatori.
Mesi fa ho effettuato la disdetta del mio abbonamento. Tutto sembrava regolare, comunicazioni chiuse, pagamento interrotto. Poi, qualche settimana fa, scopro con sorpresa che l’abbonamento risultava ancora attivo. Effettuo nuovamente la disdetta, ma questa volta arriva un messaggio ancor più sconcertante: secondo DAZN, avrei sottoscritto un abbonamento annuale proprio in questi giorni. Un abbonamento che non ho mai richiesto, né autorizzato.
È un’esperienza che lascia l’amaro in bocca e la sensazione di trovarsi di fronte a meccanismi poco chiari, dove l’utente fatica a districarsi tra opzioni, clausole e comunicazioni opache. Disdire un servizio dovrebbe essere semplice almeno quanto attivarlo — invece, in troppi casi, non lo è.
Questo non riguarda solo DAZN: riguarda un intero settore di servizi digitali e piattaforme in abbonamento dove, troppo spesso, la trasparenza si ferma alla pagina d’ingresso. L’utente si ritrova vincolato da automatismi poco spiegati, da rinnovi difficili da annullare e da assistenze clienti che rispondono con tempi lunghi e procedure confuse.
Per questo credo che sia arrivato il momento che le autorità competenti, a partire da AGCOM e Antitrust, verifichino con attenzione le modalità di gestione degli abbonamenti, delle disdette e dei rinnovi. Non si tratta solo di correttezza commerciale: si tratta di fiducia.
La tecnologia dovrebbe semplificare la vita, non complicarla. E un servizio serio non ha paura della chiarezza.




