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24 Aprile 2024

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“Una (s)piacevole chiacchierata con un novax”

di Donato D’Aiuto

Metti una chiacchierata con un novax al primo giorno da uomo libero dopo tredici giorni di positività. 

Ogni volta mi ripropongo di seguire l’insegnamento attribuito ad Oscar Wilde “mai discutere con un idiota, ti trascina al suo livello e ti batte con l’esperienza”, ed ogni volta mi lascio trasportare in assurde conversazioni.

In questo caso specifico la conversazione è iniziata così: “Allora? Sei vivo?”.

E io, quasi a dovermi giustificare, “sì, fortunatamente”.

“Lo vedi. È come una semplice influenza”.

Quindi tra il morire e il rimane vivi non c’è nulla. In quello spazio tra la vita e la morte niente è rilevante per un novax.

“Sai, è anche vero che ho fatto tre dosi di vaccino e sono alla mia seconda positività e dalla prima (in cui i vaccini ancora non esistevano) ad oggi la differenza è stata grossa” – provo a farlo ragione.

“E allora lo vedi che non serve a niente il vaccino? Ti sei contagiato lo stesso” – tempo perso.

“Ma sono vivo. E senza grossi sintomi e, soprattutto, senza conseguenze”.

“Eh vabbè. Ma magari pure senza vaccino non saresti morto”.

Ma vuoi vedere che è quasi un problema che sia rimasto vivo?

“Guarda, lungi da volerti convincere a vaccinarti perché so di non avere questo potere. Ma almeno non avere tu la presunzione di volermi convincere che sono io ad aver fatto una fesseria” – sperando che la conversazione finisca.

E invece arriva il carico.

“Tra poco servirà il Green Pass per qualsiasi cosa quindi aspetto un paio di mesi e mi faccio una dose. Così non ne faccio più. Tanto Bill Gates ha detto che a giugno finisce tutto”.

Bill Gates.

Signore e signori, Bill Gates.

E allora lì ho capito.

Aveva ragione Oscar Wilde e il fesso sono io.

“Sto entrando in galleria. Cade la linea”.

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