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18 Aprile 2024

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La realtà’ virtuale e l’ultima frontiera in ambito ospedaliero. L’eccellenza di INES 

di Valeria Torri

Il concetto di umanizzazione della cura ha a che fare con l’attenzione al paziente, ai suoi bisogni organici, psicologici e relazionali. Uno degli ambiti in cui è necessario occuparsi di questo aspetto è quello relativo ai test diagnostici come la risonanza magnetica.

Sintomi molto frequenti rilevabili nei pazienti che si sottopongono alla RM sono la sudorazione, la frequenza cardiaca aumentata, talvolta il pianto e la crisi di panico. Considerando che un esame può avere una durata compresa tra 20 e 60 minuti, i sintomi collegati alla claustrofobia possono rivelarsi invalidanti e impedire la corretta effettuazione del test. Gli apparecchi utilizzati in ambito sanitario, infatti, si presentano come dei veri e propri tunnel chiusi, bianchi e stretti, che generalmente lasciano molto a desiderare dal punto di vista estetico e del comfort. 

L’ultima frontiera tecnologica è rappresentata dall’utilizzo della realtà virtuale per immergere il paziente in scenari tridimensionali, in grado di distrarlo e metterlo a suo agio per tutta la durata del test. Grazie ad appositi software e dispositivi di visualizzazione, come caschi e visori 3D, accompagnati da luci rilassanti e aromaterapia, il paziente prova un senso di assorbimento sensoriale nell’ambiente tridimensionale. Ciò allevia i sintomi della claustrofobia e a volte li elimina del tutto. 

Questi sistemi avanzati sono già in uso presso centri specializzati di Malpensa e Afragola. Il team di sviluppo di INES, impresa di Pellezzano, in provincia di Salerno che si occupa di ingegneria clinica e impiantistica sanitaria, ha progettato delle apposite gabbie di Faraday che fanno ricorso a soluzioni tecnologiche capaci di rendere l’esame diagnostico un’esperienza meno traumatica. Una gabbia di Faraday è, in generale, un sistema costituito da un contenitore, in materiale elettricamente conduttore, in grado di isolare l’ambiente interno da un campo elettrostatico presente al suo esterno. Questo sistema, che deve il nome al fisico inglese Michael Faraday, è, per l’appunto, uno dei requisiti tecnologici essenziali al funzionamento della RM.

In poco meno di dieci anni, INES, è riuscita a imporsi sul mercato e a ritagliarsi il suo spazio nel settore, diventando uno dei più grandi produttori di gabbie di Faraday per la risonanza magnetica e conquistando un ampio portfolio clienti, nazionale e internazionale. 

INES è nata dall’esperienza della dottoressa Anna Saldutti e dell’ingegnere Pierpaolo Venturi e si colloca in un mercato di nicchia in cui pochissime aziende del panorama nazionale, sono in grado di operare.

La riflessione

L’Ingegnere Pierpaolo Venturi mi ha spiegato come è nata l’idea che ha dato vita ad INES.

INES è il prosieguo dell’esperienza fatta in un’altra azienda salernitana che aveva deciso di ampliare il proprio business, implementando il settore delle Gabbie di Faraday con la vendita e l’assistenza tecnica delle Risonanze Magnetiche. Fui invitato a seguire il progetto che, nell’arco di 2 anni, ebbe notevole successo. Purtroppo, la crisi finanziaria del 2008 ne pregiudicò il futuro. Nel 2011, difatti, l’azienda fu sottoposta a concordato liquidatorio. Ma io ero persuaso che l’idea imprenditoriale fosse vincente. Così, nel 2012, pur senza capitali consistenti, decisi di riprendere il progetto con alcuni soci, in una stanza, ospiti di amici. Ad oggi, abbiamo avuto ragione della nostra caparbietà perché INES è una realtà riconosciuta nel settore.

Quali ostacoli ha incontrato il suo progetto, e come li ha superati?

Le maggiori difficoltà incontrate sono state legate all’accesso al credito e alla gestione finanziaria. Ciò ha determinato una crescita lenta e, ancora oggi, uno sviluppo limitato rispetto alle sue potenzialità. Fa tristezza pensare che in un altro paese, forse, l’attività sarebbe stata più semplice.

Quali sono le peculiarità di INES e come si distingue rispetto ai suoi competitor?

INES è stata più volte definita come la “sartoria delle gabbie”. Le nostre soluzioni si adattano alle esigenze dei clienti, pertanto non ve ne sono di identiche in siti differenti. Il nostro biglietto da visita è rappresentato dall’unicità delle nostre installazioni. Ad oggi, INES è la prima azienda ad aver sviluppato un sistema di realtà virtuale immersiva durante l’esame diagnostico. E’ questo l’elemento che ci distingue dai nostri competitor: siamo un passo avanti nelle soluzioni a vantaggio dei pazienti. 

Su quali mezzi di comunicazione punta per promuovere la sua azienda e quali pensa di sviluppare in futuro?

Le fiere specialistiche di settore, da sempre, sono il nostro principale canale di promozione in quanto è il target di clientela, molto specifico, che lo richiede. Tuttavia, a breve saremo on line col nostro nuovo sito web e con una campagna social di grande effetto. Difatti, pur non essendo social friendly, abbiamo sviluppato un progetto di social media communication sui canali Facebook, Linkedin, Instagram e Google+. 

Nella sua esperienza, ha rilevato, in ambito clinico, maggiore consapevolezza circa l’importanza della cura dell’aspetto psicologico del paziente sottoposto ad esami diagnostici o a terapie invasive?

Si, negli ultimi anni si sta diffondendo sempre più il concetto di umanizzazione della cura. Quando abbiamo cominciato a proporre i primi sistemi, 10 anni fa, eravamo dei pionieri. Una collega ha ideato un pay off che trovo calzante: “INES, il design che fa bene alla salute”.

Quali sono i valori alla base della sua “visione” di impresa?

Per me, innovare è il segreto del successo. “Guardare sempre avanti, non accontentarsi mai e osare sempre”. Chi lavora con me sa bene che il raggiungimento di una soluzione stabile equivale al momento in cui ha principio il progetto successivo. 

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