27.9 C
Napoli
17 Luglio 2025

Chi siamo

Attacco USA all’Iran: Trump riapre il fronte mediorientale

Washington/Teheran, 23 giugno 2025 – A meno di cinque mesi dalle elezioni presidenziali statunitensi, Donald Trump ha ordinato un massiccio attacco aereo contro tre siti nucleari iraniani, riaccendendo il timore di un’escalation militare su scala regionale. L’operazione, denominata “Midnight Hammer”, ha colpito le strutture di Fordow, Natanz e Isfahan nella notte tra venerdì e sabato, con l’uso di missili da crociera e bombe bunker-buster.

Secondo fonti del Pentagono, i raid avrebbero “seriamente danneggiato” le capacità nucleari iraniane. Trump, in un discorso a tono trionfalistico, ha definito l’azione “un successo totale”, aggiungendo con tono provocatorio: “Abbiamo fermato la bomba, adesso tocca agli ayatollah decidere se vogliono sopravvivere”.

Dietro la mossa: strategia o campagna elettorale?

Per i suoi sostenitori, il raid è la naturale estensione della dottrina trumpiana: deterrenza muscolare, nessuna ambiguità, e messaggi chiari agli “stati canaglia”. Ma per gli oppositori – tra cui diversi esponenti democratici e analisti internazionali – si tratta di una mossa rischiosa, motivata più dalla necessità politica che da una reale urgenza strategica.

Il leader democratico al Senato, Chuck Schumer, ha parlato di “intervento incostituzionale, non autorizzato dal Congresso e potenzialmente disastroso”. Anche in Europa, le reazioni non si sono fatte attendere: Londra, Parigi e Berlino hanno invitato alla de-escalation, mentre il segretario generale dell’ONU António Guterres ha parlato di “grave violazione della stabilità regionale”.

L’Iran promette risposta “devastante”

Teheran ha condannato l’attacco come “un atto di guerra”, minacciando ritorsioni “nei tempi e nei modi scelti dalla Repubblica Islamica”. In giornata sono già stati segnalati razzi lanciati da milizie filo-iraniane contro una base statunitense in Iraq. Il leader supremo Khamenei ha riunito il Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale e ha promesso una risposta “devastante e duratura”.

Sul fronte economico, le prime conseguenze si sono già fatte sentire: il prezzo del petrolio è salito del 6% in meno di 24 ore, mentre cresce il timore che l’Iran possa bloccare lo Stretto di Hormuz, da cui passa circa un terzo del greggio mondiale.

Scenari futuri: tra deterrenza e guerra

L’attacco statunitense pone fine – almeno per ora – a ogni tentativo di negoziato sul programma nucleare iraniano. Dopo anni di tensioni, interrotte da brevi periodi di dialogo, la crisi sembra ora avviarsi verso una nuova, incerta fase. L’eventuale ritorsione iraniana potrebbe colpire Israele, le basi americane nella regione o gli alleati del Golfo.

Se Trump sperava di rafforzare la propria immagine di “uomo forte” in vista delle elezioni di novembre, resta da capire a quale prezzo. L’ombra lunga dell’Iraq e dell’Afghanistan pesa ancora sulla politica estera americana. Il rischio, ora, è che un’operazione “chirurgica” possa trasformarsi nell’ennesimo conflitto senza fine.

Articoli correlati

Ultimi Articoli