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7 Maggio 2024

Chi siamo

Tutti contro Conte e Conte contro nessuno

di Valeria Torri

In questi giorni, guardando le interviste ai politici e alle istituzioni italiane si fa davvero fatica a credere alle nostre orecchie. Sembra di assistere ad una realtà romanzata, per di più da un pessimo regista, in cui i protagonisti stanno tanto al Governo quanto all’opposizione, se così la si può definire.

Nell’imbarazzo della scelta sull’ordine da dare, in termini di gravità, alle posizioni assunte da ciascuno di loro, partiamo da quella incerta, assunta o non assunta, del leader del M5S Giuseppe Conte che, alla domanda se preferisse Trump o Biden, da Fabio Fazio durante la puntata di “Che tempo che fa?”, ha premesso: «io faccio l’interesse dell’Italia. Con Trump ho cercato di coltivare un rapporto per tutelare l’interesse nazionale e per poter dialogare da pari a pari». Per poi aggiungere: «Hanno due approcci completamente diversi. Uno potrebbe essere più vicino alla sfera progressista e l’altro no. Ma non ha senso che mi metta qui a fare il tifo per l’uno o per l’altro». «Sull’assalto a Capitol Hill ho già preso le distanze», ha precisato, «quella è una pagina nera per la democrazia americana. Lasciamo che i giudici facciano i loro accertamenti».

C’è un pezzo dell’opposizione, cioè, che non si capisce per quale ragione non riesca a decidersi se schierarsi con un Presidente democratico o con un altro che, negli ultimi recenti comizi elettorali, ha dichiarato che «gli immigrati avvelenano il sangue degli Stati Uniti». Parole dal sapore indigeribile, in sé e per l’immediata affinità con quelle usate nel Mein Kampf di Adolf Hitler che diceva che gli ebrei avvelenavano il sangue della razza ariana.

Il Presidente Trump, oltre ad usare scientemente concetti di matrice nazista, definisce le persone arrestate per l’assalto a Capitol Hill “ostaggi”, rivelando chiaramente il proprio sostegno a favore della loro azione.

Eppure Conte, che tiene a ribadire di aver già preso le distanze dalla vicenda, dice che bisogna attendere che i giudici stabiliscano se Trump è o meno coinvolto.

Ma andiamo avanti. Superiamo questi che forse, al Presidente Conte, non appaiono come elementi sufficienti a prendere posizione. Avallare la politica di Trump significa condividere ciò che lui farebbe come Presidente degli Stati Uniti. Vale a dire lasciare campo libero a Putin, ritirandosi dalla NATO, abbandonando l’Europa al suo destino e incitare Israele a spianare Gaza una volta per tutte.

Insomma, una parte dell’opposizione di centro sinistra appare incerta, probabilmente per prendere tempo sulla migliore collocazione possibile in vista delle prossime elezioni europee.

Un equilibrismo che non sta neanche in piedi se si vuole partire dall’assunto che per certa parte politica dovrebbe essere naturale, semplice, quasi spontaneo condividere alcuni valori e principi cardine di uno Stato di Diritto.

Mutuando il pensiero di Annalisa Cuzzocrea, vice direttrice per La Stampa, i valori e i principi cui l’opposizione facilmente potrebbe aderire in modo compatto sono quelli per cui un Ministro non può sostenere di non aver visto le immagini di Ilaria Salis in catene e pretendere di essere preso sul serio su qualsiasi altro argomento, anche se di maggior pertinenza del suo Ministero. Dallo stesso Ministro, non si possono ascoltare dichiarazioni quali quelle riferite ai giornalisti che «crescono bevendo champagne nei salotti senza conoscere l’odore del letame» ed essere considerato ancora idoneo a ricoprire il suo ruolo. 

Uno Stato in cui un sottosegretario alla Cultura che, per non rispondere a delle semplici domande, urla, impreca e minaccia di sbottonarsi i pantaloni, non può restare al suo posto un giorno di più.

Che il Presidente della Repubblica rappresenti tutti gli italiani, anche i Carabinieri in tenuta antisommossa, non dovrebbe essere un fatto che possa essere messo in discussione, in uno Stato qual è quello italiano.

Oppure, dire che gli esseri umani non si portano al guinzaglio, come nell’Ungheria di Viktor Orbán, non dovrebbe creare problemi in un rappresentante delle istituzioni. Benché, proprio a giudizio della Premier Meloni, questa pratica è diffusa in altri Paesi occidentali e da noi impatta fortemente sull’opinione pubblica soltanto perché abbiamo usi e costumi diversi; altrove questo trattamento non fa scalpore, ci dice.

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