17.7 C
Napoli
17 Maggio 2024

Chi siamo

Il tetto di cristallo intatto: un boomerang per l’economia italiana

di Valeria Torri

Secondo una recente pubblicazione della Banca d’Italia, se la partecipazione femminile in Italia, che oggi è al 56,5%, arrivasse più vicina a quella europea che è al 67%, il nostro Pil aumenterebbe del 10%. 

Il grosso problema dell’Italia è che siccome una donna su due non lavora c’è una grande fetta di popolazione che potrebbe contribuire e non lo fa e, dall’altra parte, chi lavora è destinato a occupazioni che non sfruttano adeguatamente doti e specializzazioni.  

I dati Eurostat sul lavoro femminile, inoltre, dicono che l’Italia ha un gap di differenza tra uomini e donne di quasi 19 punti. Il peggiore dopo Malta. Pur crescendo negli anni il numero delle donne impiegate, questa percentuale non raggiunge comunque i livelli della media dei paesi dell’Unione Europea.

Linda Laura Sabbadini, pioniera europea delle statistiche per gli studi di genere, lo conferma: «In passato eravamo messi meglio, dietro di noi c’era sempre qualcun altro, una volta la Grecia, un’altra la Spagna, poi Malta. Ci hanno tutti scavalcato. Gli altri Paesi europei si sono dotati di strategie per combattere la bassa occupazione femminile. Il nostro Paese no. È qui il nodo del problema, nessuna strategia è stata ancora introdotta per sviluppare l’uguaglianza di genere».

Il riferimento è agli investimenti in servizi educativi per l’infanzia. Spiega Sabbadini che l’Italia è al 28% di bambini che vanno al nido, contro le indicazioni europee che l’avrebbero voluta al 33% già nel 2010, e contro le attuali previsioni del Pnrr. Non si è mai investito adeguatamente sull’assistenza sociale di bambini disabili, di anziani e non si è provveduto a potenziare la parte dei congedi familiari. 

Tutto il carico di lavoro familiare, in definitiva, resta sulle spalle delle donne. Essere mamma non è un fenomeno individuale o familiare. E’, a tutti gli effetti, un evento ad impatto sociale e il Governo dovrebbe prenderne atto e se ne dovrebbe occupare.

«L’uguaglianza nel mercato del lavoro e quella in famiglia sono due facce della stessa medaglia, non si arriverà mai all’una senza l’altra». 

Lo dice Claudia Goldin, Premio Nobel per l’economia, vinto proprio per la ricerca sulla parità di genere, che ha dimostrato che il gender pay gap, la condizione di svantaggio delle donne nella retribuzione, nella partecipazione e nella possibilità di raggiungere posizioni apicali, è determinata da quello che chiama “il costo della flessibilità temporale”. 

Il modo in cui è strutturato il mondo del lavoro, altamente competitivo e frenetico, premia i lavoratori sempre disponibili e estremamente flessibili. 

Per la studiosa la soluzione alla differenza di genere sul mercato del lavoro sta nella diminuzione del «costo della flessibilità» attraverso un ripensamento della struttura del mercato del lavoro. 

Tra le soluzioni proposte da Goldin per cercare di ridurre il gap ci sono anche la genitorialità condivisa e l’aumento di tutti quei servizi di welfare che supportano le famiglie nella conciliazione del “lavoro di cura” e quello retribuito. 

«Servono politiche che portino alla condivisione del lavoro di cura in famiglia, attraverso incentivi per gli uomini a prendersi cura dei figli, mentre le imprese devono pensare ad una riorganizzazione del lavoro e degli orari per favorire la flessibilità. A livello più generale, il problema della flessibilità suggerisce di ripensare anche i calendari di attività delle strutture scolastiche e dell’infanzia per arrivare a nuovi modelli di distribuzione dei tempi di vita e lavoro»

Una delle cose che, in Italia, è sicuramente è cambiata è che a Palazzo Chigi il Presidente del Consiglio è una donna.

Si è presentata al Parlamento l’8 marzo 2023 con queste parole: «Io ho sempre pensato che non esistano le politiche femminili; io penso che esista una visione al femminile della politica, che è un’altra cosa. Non ci sono tematiche demandate alle donne e tematiche demandate agli uomini. C’è un punto di vista su ogni tema che ha bisogno di una sensibilità composita e quindi di un punto di vista femminile. Il punto, secondo me, non è quante donne ci sono ma in quali ruoli. Bisogna preferire la qualità della rappresentanza che accontentarsi della quantità. Questo vale per la politica come per gli altri ambiti. Vedete, il tetto di cristallo non si rompe arrivandoci, si rompe dimostrando che si può fare molto bene». 

Antonella Baccaro, giornalista economica per il Corriere della Sera, ha commentato il discorso di Meloni, osservando che, in fieri, le intenzioni della Premier sembravano andare nella direzione della valorizzazione del ruolo della donna nella società. Ma non può esserci una visione femminile della politica e non una “delle politiche” femminili perché altrimenti non si è risolto nulla. Certamente, le quote di genere (e non quote rosa) sono state un muro che è stato sfondato e che ha consentito a tante donne di entrare in posti significativi, dai quali si è potuto prendere decisioni attuando politiche anche di genere. Quindi, in questo senso, nulla è inutile e tutto contribuisce a fare un passo avanti. 

La legge 120/2011, nota come legge Golfo-Mosca, ha introdotto l’obbligo normativo della riserva di posti a favore del genere sottorappresentato negli organi di amministrazione e dei collegi sindacali delle società quotate in borsa e delle partecipate. Una legge di importanza storica per la corporate gender equality ma anche di importanza giuridica perché ha previsto in sé un unicum normativo che la eleva a rientrare nell’alveo della legislazione di compliance normativa. La Legge prevede, nel caso di mancato adeguamento agli obblighi, il rischio di decadenza dell’intero organo eletto. 

Eppure, questa tutela di genere non è stata applicata altrove, in tutti gli altri ambiti lavorativi.

Osserva quindi Baccaro «una volta che il tetto di cristallo lo rompi, quel varco devi mantenerlo aperto per lasciare che altre passino».

Articoli correlati

Ultimi Articoli