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18 Maggio 2024

Chi siamo

Il vero conflitto delle due “pulzelle” italiche

di Luigi Mazzella

Ormai, le risse politiche italiane somigliano più a quelle della servitù del serial “Downton Abbey” che non a quelle dell’aristocratica famiglia che abita i piani superiori del Palazzo.

Si tratta, infatti, di piccole questioni sociali (da “camorra di cocchieri”, direbbero a Napoli) non di conflitti ideologici e, tanto meno di questioni di “politica alta”: le due “pulzelle” contendenti interpretano il loro ruolo, ricalcando, con parole nuove, vecchi cliché: e sempre con la comune pretesa di apparire “liberali”. In realtà. entrambe affrontano solo temi “pauperistici” alla vecchia maniera; polemizzano sul reddito di cittadinanza, sul salario minimo, sul lavoro povero, sulla flat-tax per i redditi bassi, su cunei fiscali, sui tagli alle pensioni dei ricchi (ineffabile Giorgetti… che, con queste idee in testa… dovrebbe varare la “flat-tax”!)

Si tratta di controversie, in altre parole, che richiamano alla mente i velleitari “togliattismi” del dopoguerra e i patetici conati sociali della morente Repubblica di Salò.

Salvini, invero, tenta di alzare il livello dello scontro parlando di un ponte sullo Stretto e di una ” flat tax” vera che consenta di ripetere il boom degli anni Cinquanta (il cosiddetto “miracolo Italiano”), ignorando, probabilmente in buona fede, che nessuna delle due iniziative andrà mai in porto per l’ostacolo posto da una clausola del Trattato di pace, provocato dalla sconfitta dell’Italia in una guerra voluta dai predecessori dell’alleata di cui, lui, oggi, condivide o accetta o subisce la leadership nella coalizione di governo. 

In mancanza di un vero contrasto su disegni politici di una certa portata e di un accettabile livello, la vera invidia di Elly Schlein per Giorgia Meloni si riduce a essere soltanto quella di non avere le occasioni della rivale politica per abbracciare, stare mano nella mano, fare l’occhiolino di triglia (come diceva una vecchia canzone), inchinarsi, guardando (com’è naturale e d’obbligo) dal basso verso l’alto, gli occhi semi-chiusi di Joe Biden.

E ciò, nella probabile attesa di poter ripetere gli stessi gesti con il prossimo eletto alla Casa Bianca. 

La “pulzella” di sinistra sarebbe felice di contendere l’ascia di guerra contro Putin ora nelle mani della Meloni ma come la “pulzella della Garbatella” non pensa minimamente di attuare una politica volta veramente alla crescita economica del Paese e sembrano entrambe abituate ai dietro-front imposti con il primo “stormir di fronde” proveniente da Oltre Oceano. Questo venticello d’allarme può assumere, falsamente, le forme di una preoccupante eversione fascista o di una sanguinosa sovversione comunista in un Paese ancora stupidamente diviso alternativamente nel giudizio favorevole su due ideologie, fascismo e comunismo, ambedue astratte e irrazionali e condannate entrambe, con sentenze inappellabili della Storia.

Nessuno pensa che si tratti unicamente di un artifizio per nascondere la cinica utilizzazione della diversità ideologica da parte di servizi stranieri e italiani deviati; volto a destabilizzare i nostri governi.

D’altronde, la circostanza, pur se “capita” sarebbe considerata come una “vis maior cui resisti non potest”.

In altre parole, entrambe le “pulzelle” accettano che si usino le etichette di “fascismo” o di “comunismo” per azioni immaginate e dirette da “fonti” ben diverse non al fine di far rinascere regimi dittatoriali defunti ma a quello ben più immediato di raggiungere finalità di sovvertimento degli equilibri politici esistenti o di arrecare un danno specifico a chi in quel momento detiene le redini del governo (se, ovviamente, non riceve il plauso incondizionato del “padroni” dell’Occidente.

Che si tratti di organi esecutivi di qualsivoglia colore, è circostanza divenuta, in questi ultimi tempi, del tutto irrilevante.

Ormai tutti (ma proprio “tutti”) i governi del Bel Paese” sono, e/o promettono di essere, “allineati e coperti” sul fronte dell’atlantismo egemonizzato dagli Stati Uniti.

Non per questo, però, si può escludere che, essi vittime delle campagne elettorali e di promesse fatte agli elettori circa miglioramenti dipendenti dalla situazione economica generale del Paese, possano sbagliare, prevedendo misure che certamente porterebbero a un incremento della produzione industriale italiana superiore a quella considerata accettabile “oltreoceano”.

Come tali, questi progetti procureranno “tiratine d’orecchi” piuttosto energiche; nel migliore dei casi per le vie cosiddette diplomatiche; nel peggiore con l’utilizzo di sigle e minacce “sloganistiche” offerte dalla manovalanza , mai mancante, costituita dai fanatici di entrambi i rami dell’idealismo tedesco hegeliano.

Ciò comporterà che Autorità pubbliche, variamente, paludate, portaborse di uomini politici di vario livello invocheranno, per disprezzarli duramente o per esaltarli, fantasmi del passato, alimentando una rissa “casareccia” del tutto sballata, fondata, cioè, su un colossale “fake” (le ragioni sono ben altre!), alimentato dall’esterno dello Stivale. 

Certamente, in casi come questi, la delicatezza dei rapporti internazionali impone a Governanti responsabili di stendere un necessario velo di silenzio sulle cause vere dei disordini che all’improvviso agitano la vita collettiva nazionale e che trovano certamente terreno favorevole nella mancanza di razionalità generata nel Paese (e in tutto l’Occidente) da fanatismi secolari di varia natura irrazionalistica.

E’ un fake che si aggiunge a quello delle origini e delle componenti della cultura occidentale. 

Domanda: Quali che siano i governi in carica (di destra o di sinistra) non sarebbe il caso che gli Italiani smettessero di credere nel continuo ritorno di spettri di un passato che non può ritornare più e pretendere che i loro “rappresentanti” dicano pane al pane e vino al vivo senza scomodare sempre le “ombre” di Hitler, Mussolini e/o di Stalin? 

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