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17 Maggio 2024

Chi siamo

PD, più che un Ulivo sembra una Quercia

Di Felice Massimo De Falco

È una metamorfosi a ritroso quella che coinvolge il Partito Democratico. Schiacciato dal passato, glabro di avvenire, Letta riallinea i dem su posizioni anti-storiche, facendosi beffa della sua esperienza francese “avanguardista”. Letta ripropone temi vecchi come la patrimoniale, il femminismo di facciata, i valori civili bocciati dal tatticismo parlamentare, schiacciando il partito sempre più a sinistra. Riporta il Pd in piazza, negli anfratti popolari:,almeno tenta. Si riconnette ad un passato spurio in cui i 5 stelle fanno la parte dell’idV di Di Pietro. Non ha vocazione maggioritaria, tesse tele con alleati andati in malora.

Enrico Letta, rispolverando l’antico e potente antidoto dell’antifascismo, riporta il Pd nel ruolo di fiancheggiatore della Cgil. Ricompone la nomenclatura di una sinistra vicina ai lavoratori, che col Job’s Act si era interrotta.

Verniciata di protagonismo o voglia di tornare alle origini, lo sapremo nel corso del tempo. Mi pare più una ritrosia culturale questo piglio paternalista del capo dei dem verso la Cgil, il sindacato più politicizzato. Ma non è che sia questo che abbia contribuito a spostare l’asse del Pd agli esordi del PDS.

Letta, interprete dell’ortodossia delle correnti maggioritarie del partito, spinge la sinistra più a sinistra. Tralascia il mondo di mezzo. Riscopre il presenzialismo di piazza con l’omelia dell’uguaglianza sociale. Snatura il suo identikit di beniamino di Andreatta, protagonista di un cattolicesimo democratico che professava, sì la cooperazione con le forze sociali, ma l’autonomia della politica da un sindacalismo partigiano.

Il segretario del Pd lavora ad un partito a trazione maggioritaria, ma senza l’allure di una leadership forte. Una nuova quercia, PDS, piuttosto che un ulivo di prodiana memoria. Pauperismo di governo che finora non scompiglia la geografia del voto, se non qualche sobborgo romano.

L’alleanza coi 5 stelle, da risorsa, potrebbe rivelarsi una zavorra. A Roma, così come nel resto del Paese. Fosse per me, proporzionale permettendo, punterei all’autosufficienza. Allo sterile movimentismo di Conte sostituirei la ragionevolezza dei Calenda.

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