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3 Ottobre 2024

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Per rinnovare la via non è l’autonomia ma le azioni comuni degli Enti locali

di Manuel Gatto

Il dibattito sull’autonomia differenziata giorno dopo giorno diventa sempre più attuale e, come ogni questione che riguardi un riassetto Costituzionale, la faccenda è meritevole di assoluta attenzione. Non occorre entrare nei tecnicismi e nelle statistiche per affrontare il tema che, volenti o nolenti, riguarda il futuro del nostro Paese.
Proverò dunque ad esporre il mio pensiero.
In questi giorni sembra che il Governo abbia “accontentato” in primis la Lega, da sempre inseguitrice del federalismo e anche, in parte, la produttiva e rossa Emilia Romagna (in parte perchè l’attuale autonomia non combacia del tutto con quella auspicata da Bonaccini).

Piuttosto che dare l’autonomia alle singole Regioni, favorendo chi ha altri presupposti produttivi e altre potenzialità infrastrutturali, si potrebbe pensare a creare quello che si fa per i Comuni, ovvero una sorta di unione, di consorzio, la Macroregione appunto


In realtà, quella di oggi, sembra essere una riforma dal sapore più politico che amministrativo in quanto vi è una parte di Paese che difende l’una o l’altra scelta in base ad una visione ideologica anziché ponderare i risvolti pratici della eventuale nuova riforma.
Facciamo doverosamente un passo indietro.
La riforma del 2001 del titolo V della Costituzione ha generato in quasi vent’anni seri dubbi sulla sua utilità migliorativa, lasciando però un dato certo: l’assetto delle “Regioni” e delle sue funzioni ha deluso, e quindi bisogna ridiscuterne. Oggi, infatti, tra ambiguità amministrative e conflitti di attribuzione si cade spesso in paludi di incertezza burocratica e si rallentano processi e decisioni utili al miglioramento di realtà amministrative.
A tale “vulnus”, più che l’autonomia differenziata che potrebbe vedere aumentare le varie diseguaglianze già abbastanza marcate tra le regioni del nord e quelle del sud, secondo me, sarebbe preferibile la concretizzazione di Macroregioni, così da rafforzare, per esempio, territori fin troppo in difficoltà come quelli del Mezzogiorno.
Insomma, piuttosto che dare l’autonomia alle singole Regioni, favorendo chi ha altri presupposti produttivi e altre potenzialità infrastrutturali, si potrebbe pensare a creare quello che si fa per i Comuni, ovvero una sorta di unione, di consorzio, la Macroregione appunto. Quando l’allora Presidente della Regione Stefano Caldoro mi parlò di questo progetto ne condivisi subito lo spirito e gli intenti, tanto da accettare l’incarico di responsabile cittadino su Salerno città. Nonostante poi le strade con Caldoro si siano discostate, resta in me la convinzione che l’ex Presidente avesse ragione; unire le forze, consorziare spese, infrastrutture, personale, seguire omogeneamente politiche di sviluppo, avrebbe messo in condizione il Mezzogiorno di restare al passo, di essere competitivo, grazie ad uno strumento più snello, agile, ma che avesse al suo interno dei contrappesi per garantire unità e uniformità con il concetto di Republica democratica.
Non penso di sbagliare ritenendo che l’attuale Autonomia, così come disegnata possa spingere all’emigrazione non solo i giovani ma anche la speranza.

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