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19 Aprile 2024

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Una Commissione d’inchiesta parlamentare sul rapporto Magistratura Istituzioni 

Di Giuseppe Gargani

L’argomento di maggior interesse pubblico oggi in Italia è senza dubbio quello della giustizia, e della magistratura nel rapporto con le altre istituzioni, per cui una commissione di inchiesta parlamentare sarebbe legittima ed utile se si vogliono superare le polemiche e i contrasti che durano da oltre trent’anni. Si tratta di trovare “un punto di sintesi per migliorare il servizio giustizia” come ha riconosciuto il Ministro della Giustizia, il quale ritiene indispensabile ricomporre la “frattura” tra le istituzioni che si è accentuata negli ultimi anni.

Il ministro della giustizia ha presentato un insieme di norme per  superare queste difficoltà le quali sono certamente in controtendenza alle sciagurate proposte dei governi Conte e Buonafede.          
Il riconoscimento da parte della Cartabia della frattura che dura dagli anni 90 è importante e nessuno ha dato finora spiegazioni adeguate del  “fenomeno“ Tangentopoli, da tutti riconosciuto appunto come “fenomeno” anomalo perché nelle inchieste giudiziarie fu utilizzato un metodo di indagine da parte dei pubblici ministeri non conforme al codice e alle regole a cui un magistrato si deve attenere.
Ho auspicato negli anni passati un’autocritica da parte dei partiti della sinistra che sollecitavano l’azione della magistratura per scardinare il sistema politico e da parte di una magistratura che attraverso una valutazione più serena dei fatti dovrebbe difendere maggiormente la sua indipendenza e la giurisdizione.
Con il “fenomeno” Tangentopoli la magistratura e in particolare le procure sono state impegnate a processare il “sistema” politico nel suo complesso più che indagare sui singoli reati e sui diretti responsabili; e il giudice nonostante le innumerevoli sentenze di assoluzione, che pur vi sono state, ha assunto la caratteristica del giudice “etico” che vuole condannare il male per far vincere il bene.

La funzione del magistrato è cambiata profondamente da allora perché la norma contenuta nel codice che attribuisce al pubblico ministero il compito di “ricercare il reato“ al di là della nostra notizia criminis, ha consentito di contestare il sistema, un qualunque sistema e quello politico in particolare dove il sospetto è maggiore, per… ricercare al suo interno il reato.

Questo metodo ha caratterizzato il “sistema Tangentopoli” che si è sviluppato con “mani pulite“ della procura di Milano e ha orientato tutta la magistratura in questi anni.
La conseguenza è stata, ed è tuttora, l’alterazione del ruolo proprio del giudice in uno stato democratico, una confusione molto pericolosa, che viviamo in questi anni, tra la questione morale la questione penale che porta la giustizialismo e al populismo.

Il populismo giudiziario, che coltiva la concezione di una giustizia “esemplare“ per soddisfare l’emotività dei cittadini, e il populismo politico che disprezza le istituzioni e snatura il rapporto tra il cittadino e lo Stato e il valore stesso della comunità civile.

È prevalso il tal modo il potere giudiziario e soprattutto dei pubblici ministeri che ha alimentato lo scontro con la politica accentuando uno squilibrio istituzionale.
Si tratta di problemi complessi che incidono sulla vita delle istituzioni, di qui la urgente necessità di ricercare un raccordo tra le istituzioni democratiche e l’ “ordine” giudiziario che solo il Parlamento nella sua sovranità può determinare.
Non si tratta dunque di “ridiscutere i fatti accertati da sentenze passate in giudicato“ come dice il Presidente dell’ANM Santalucia, dimostrando ancora una volta la chiusura della corporazione; né di un potere che vuole indagare su un altro potere, ma di un potere democratico che ha il dovere di indagare su un “ordine“ giudiziario che è diventato potere anomalo incrinando l’assetto costituzionale del paese.
Se dunque il potere giudiziario in concreto prevale sul potere legislativo, il Parlamento deve interrogarsi sulle ragioni per cui oggi la politicizzazione della magistratura è una anomalia che rende instabile l’equilibrio democratico ma al tempo stesso è un’ipocrisia perché anche all’interno la magistratura si patiscono le conseguenze negative di questa sovraesposizione.
Una serie di leggi hanno accentuato l’autonomia della magistratura anche nella sua organizzazione interna a scapito della indipendenza, che è il valore primario sul piano costituzionale, prezioso per l’equilibrio dei poteri, e hanno accentuato la sua separatezza. 
Le riforme proposte dal ministro Cantabia dunque sono finalizzate a modificare alcune regole del processo civile e penale e a incidere sull’ordinamento giudiziario… per garantire l’esercizio del governo autonomo della magistratura libero da condizionamenti esterni e da logiche non improntate al solo interesse del buon andamento dell’amministrazione della giustizia.”

Giuseppe Gargani

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