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11 Dicembre 2024

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“Davigo, un Tizio qualunque vittima dei suoi stessi paradossi”

 di Donato D’Aiuto

C’erano una volta due uomini che, per comodità, chiameremo Tizio e Caio, nonostante non siano proprio nomi da favola.

Tizio faceva parte della schiera di quelli che “va abolita la prescrizione”, “se uno è indagato un motivo ci sarà”, “a che serve aspettare le sentenze?”.

Caio, invece, mestamente, provava a spiegare a Tizio che la ragionevole durata dei processi e la presunzione di innocenza non sono slogan ma principi cardine di uno Stato civile.

Ma Tizio non voleva saperne nulla, non voleva ascoltare Caio e continuava la sua battaglia ideologica e populista in qualsiasi salotto televisivo che gli concedesse una comoda poltroncina anche solo per una quindicina di minuti.

C’è una cosa che ancora non vi ho detto e che potrebbe far assumere a questa storia contorni paradossali degni di Zenone: Tizio di professione era Magistrato.

Sì, Magistrato. Che tanti anni prima aveva giurato di osservare lealmente le leggi dello Stato. E tra queste, quindi, anche l’art. 27 della nostra Costituzione: “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”.

Forse, data l’età, Tizio se ne era dimenticato. Del giuramento e dell’art. 27 della Costituzione.

Poi, in un normale e comunissimo giorno del mese di luglio, accadde che Tizio finisse nel registro degli indagati della Procura di Brescia con l’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio.

Caos.

Quindi Tizio e i suoi seguaci cosa penseranno adesso? Continueranno a pensare che non serve aspettare le sentenze e che è sufficiente qualche ritaglio di giornale per una condanna definitiva? Oppure cambieranno idea con giravolte e piroette degne della compianta Carla Fracci?

I teatri di tutta Italia si stanno già attrezzando.

Ciò che, invece, è certo è che Caio ed i suoi sostenitori non imbracceranno i forconi riempiendo le piazze per chiedere la testa di Davigo, pardon Caio, per metterlo alla gogna; non riempiranno i salotti televisivi dicendogli “ben gli sta”; non esulteranno stappando bottiglie sui balconi.

Caio e tutti coloro che la pensano come lui, rimarranno sempre convinti che la legge è uguale per tutti. Ma tutti tutti.

E a Davigo augurano soltanto un processo giusto che si svolga in tempi celeri. Così come deve essere per tutti.

Chissà a parti invertite cosa sarebbe successo. Non oso immaginarlo.

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