Tel Aviv – Gaza City, 9 ottobre 2025 — Dopo mesi di guerra e devastazione nella Striscia di Gaza, Israele e Hamas hanno raggiunto un accordo per il cessate il fuoco che potrebbe segnare una svolta nella crisi mediorientale. L’intesa, mediata da Egitto, Qatar e Stati Uniti, prevede il ritiro parziale delle truppe israeliane, lo scambio di prigionieri e ostaggi, e l’avvio di un nuovo corridoio umanitario verso Gaza.
I termini dell’accordo
Secondo quanto riportato da Repubblica, l’accordo prevede il rilascio di 20 ostaggi israeliani vivi da parte di Hamas, in cambio della liberazione di circa 1.950 prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. L’intesa stabilisce inoltre che le forze di difesa israeliane (IDF) si ritirino dalla maggior parte della Striscia di Gaza, mantenendo una presenza limitata nella zona di Rafah, al confine con l’Egitto.
Il rilascio degli ostaggi dovrebbe avvenire entro 72 ore dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, mentre la liberazione dei detenuti palestinesi sarà scaglionata in più fasi. Nonostante le richieste di Hamas, il leader palestinese incarcerato Marwan Barghouti non figura nella lista dei prigionieri che saranno liberati.
L’attesa per la ratifica israeliana
L’accordo, annunciato nella notte, non è ancora operativo: deve essere approvato dal gabinetto di sicurezza israeliano e poi votato dal governo di Benjamin Netanyahu. Alcuni ministri, tra cui il leader del partito religioso sionista Bezalel Smotrich, hanno già annunciato che si opporranno all’intesa, giudicandola “un errore strategico che premia il terrorismo”.
Fonti dell’ufficio del premier hanno precisato che “nessun cessate il fuoco entrerà in vigore prima dell’approvazione formale del governo”. Tuttavia, a Gaza, alcune brigate dell’IDF avrebbero già iniziato i preparativi per un ritiro graduale.
Bombe e speranza: la fragile tregua
Nonostante l’annuncio, nelle ore successive sono proseguiti i raid israeliani su diverse aree della Striscia. Secondo testimoni locali, bombardamenti avrebbero colpito il campo di al-Maghazi e i quartieri orientali di Khan Yunis, causando nuove vittime civili. L’esercito israeliano ha dichiarato che si tratta di “operazioni difensive” contro postazioni di Hamas ancora attive.
Hamas, dal canto suo, ha confermato l’accordo e ha invitato Israele “a rispettarne integralmente i termini”, chiedendo che il ritiro militare sia effettivo e che gli aiuti umanitari possano entrare “senza ostacoli”.
Reazioni internazionali
La notizia dell’accordo ha suscitato reazioni positive da parte della comunità internazionale. La premier italiana Giorgia Meloni ha parlato di “un passo importante verso la stabilità”, mentre il presidente francese Emmanuel Macron ha espresso la speranza che la tregua possa “aprire la strada a una soluzione politica duratura”.
Anche il segretario generale dell’ONU António Guterres ha accolto l’intesa come “un segnale di speranza” per la popolazione civile di Gaza, chiedendo a tutte le parti di “garantire un accesso pieno e sicuro agli aiuti umanitari”.
Prospettive incerte
L’accordo rappresenta il primo spiraglio concreto di pace dopo mesi di conflitto che hanno provocato decine di migliaia di vittime e una devastante crisi umanitaria. Tuttavia, restano aperti nodi cruciali: il disarmo di Hamas, il futuro controllo politico della Striscia e la ricostruzione delle aree distrutte.
Molti osservatori avvertono che, senza un processo politico stabile, la tregua rischia di restare fragile. Come ha commentato un analista israeliano su Il Fatto Quotidiano, “questa non è ancora la fine della guerra, ma forse l’inizio della fine”.




