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17 Luglio 2025

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Il caso Fortunato: un sindaco sospeso, tra (in) giustizia e sofferenza personale

C’è una linea sottile tra la legittima esigenza di giustizia e il rispetto dei diritti di chi, fino a prova contraria, è innocente. È su questo crinale che si muove la vicenda di Giovanni Fortunato, sindaco di Santa Marina, da settimane agli arresti domiciliari in attesa di chiarire la propria posizione.

Le accuse sembrerebbero gravi, tutte comunque da provare, con ‘protagonismi ‘sospetti. 

Corruzione, pressioni sugli uffici tecnici, concessioni edilizie rilasciate — secondo la Procura — al di fuori delle regole.

Tutto fumoso. Un’indagine che ha portato prima all’arresto, poi alla conferma dei domiciliari da parte del Tribunale del Riesame.

Eppure, nel pieno rispetto del lavoro dei magistrati, non si può dimenticare che Fortunato, fino a oggi, non è stato condannato. Qualcuno lo vorrebbe, in certa politica repressa e in alcuni apparati opachi, ma non può funzionare così. 

È, nei fatti, oggi, un uomo che vive la condizione — umanamente devastante — della carcerazione preventiva, una misura che dovrebbe essere l’eccezione e non la regola.

Nei prossimi mesi, tempi biblici, si attende la decisione della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della misura cautelare. Un momento cruciale, che potrebbe ribaltare le carte in tavola o confermare il quadro attuale.

Nel frattempo, però, resta la fotografia di un amministratore che si trova improvvisamente privato della libertà, della possibilità di difendersi pienamente, e del contatto con la comunità che ha contribuito a cambiare. La comunità per la quale vive e che spesso ha messo dvanti alla sua stessa famiglia.

Perché, al di là delle contestazioni giudiziarie, è innegabile che Giovanni Fortunato abbia lasciato un segno a Santa Marina: opere pubbliche, iniziative per il territorio, tentativi concreti di sviluppo.

È proprio questo il punto più delicato. Quando si parla di carcerazione preventiva, si parla anche di conseguenze sociali, personali e politiche irreversibili. Un sindaco che non può amministrare, una città che si ritrova orfana del proprio primo cittadino, una reputazione che si sgretola tra le pagine dei giornali — tutto questo accade ben prima di un processo, prima di qualsiasi sentenza definitiva.

Non si tratta di invocare impunità. Si tratta di ricordare che la presunzione d’innocenza è un pilastro dello Stato di diritto, che il carcere preventivo deve essere uno strumento dosato con estrema cautela, e che dietro ogni imputato c’è un essere umano, con una famiglia, una storia e, spesso, come in questo caso, un impegno civile che merita rispetto.

L’auspicio è che la Cassazione faccia piena luce, garantendo a Fortunato il diritto alla difesa, ma anche alla dignità. Perché la giustizia deve essere rigorosa, ma mai disumana. E perché, in fondo, nessun provvedimento cautelare potrà mai cancellare le opere, i progetti, e il cambiamento che un amministratore ha provato a costruire per la propria città.

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