di Anastasio Antonia
Alessia Beneduce
Laurenzi Rita
Ruggiero Vittoria
Al posto dei libri, nello zaino ha una pistola calibro 9. Ciro non segue la lezione, pensa solo a come poter usare il suo “giocattolo”. Osserva i grandi, impara le regole della strada e viene trascinato dalla violenza. Questa è la vita delle baby gang, gruppi che si riuniscono per commettere atti di vandalismo. Spesso sono composti da giovani. Questi fenomeni sono sempre più frequenti.
Un esempio è l’episodio avvenuto a Milano.
Un gruppo di adolescenti ha aggredito brutalmente un coetaneo per una lite causata da futili motivi. Il video dell’aggressione, diffuso sui social media, ha suscitato molto scalpore. Le forze dell’ordine, dopo accurate indagini, hanno individuato i ragazzi. Un altro episodio è avvenuto a Perugia. Un ragazzo di 18 anni è stato contattato sui social per la vendita di sigarette elettroniche. Al momento dello scambio programmato nel parcheggio di una scuola elementare, si sono presentati tre minorenni che lo hanno aggredito e derubato. Secondo noi, le principali cause del fenomeno sono le dinamiche economiche e sociali sfavorevoli. L’educazione che ricevono molti nostri coetanei e il contesto nel quale vivono, offrono loro meno possibilità di crescita rispetto a chi può beneficiare di una biblioteca in più, di una famiglia presente, di amici con i quali condividere sogni e progetti e non esercitazioni di sparo in zone disabitate, imparando a centrare una bottiglia di vetro. Quella bottiglia diventerà poi un bersaglio umano. I social sono spesso ricettacolo di video pubblicati senza controllo e senza censura. Da ragazzi ci chiediamo come sia possibile provare gusto nel riprendere scene di brutali aggressioni, anziché chiamare immediatamente i soccorsi. Dovremmo ricordarci che la solidarietà tra persone e il senso
civico dovrebbero prevalere su foto con più filtri e tag per favorire l’algoritmo. E’ importante ricordare che chi assiste ad un reato senza chiamare i soccorsi, è ritenuto responsabile quanto gli autori dell’atto stesso. Filmare un atto di violenza invece di intervenire, significa sprecare momenti preziosi che potrebbero salvare la vittima. Come un video sui social che mostra il brutale pestaggio di un minorenne civitanovese, aggredito da una baby gang. Queste situazioni non sono molto lontane da noi: a Salerno è scoppiata una rissa tra quattordicenni. E’ accaduto davanti ad un cinema. La rissa ha coinvolto cinque studenti dell’istituto Nautico di Salerno. La dinamica di quanto accaduto non è ancora molto chiara. Uno dei ragazzini coinvolti ha tirato fuori un tirapugni e ha colpito tre coetanei, che sono rimasti feriti e sono stati costretti a fare ricorso alle cure mediche in ospedale. Questi avvenimenti dovrebbero farci riflettere: i protagonisti sono ragazzi, proprio come noi, della nostra età. Cosa li spinge a riempire gli zaini con armi e non con libri? Spesso molti vengono avvicinati alla vita criminale già dalla tenera età. Per contrastare la diffusione delle baby gang, secondo noi, bisogna adottare misure preventive ed educative. Le istituzioni, insieme alle scuole e alle famiglie, devono collaborare per offrire ai giovani alternative valide alla criminalità. Programmi di inclusione, attività sportive e culturali possono rappresentare un’opportunità per allontanare i ragazzi dalla strada e indirizzarli verso un futuro migliore. Inoltre, l’intervento delle forze dell’ordine e della giustizia è fondamentale per il problema. Maggiori controlli nelle zone a rischio e pene possono allontanare i giovani dalla strada e dalle attività criminali. Tuttavia, è necessario agire dal principio, affrontando le cause economiche e sociali che portano molti adolescenti a unirsi a queste gang.