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14 Novembre 2024

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Il caso Capaccio ed il solito uso disinvolto delle misure cautelari. La Politica non cali le brache

Si scateneranno i giustizialisti, saranno pieni i social e la rete dei meschini che, con la premessa del siamo garantisti, diranno sull’inchiesta di Capaccio: sono già tutti colpevoli.

Le indagini, note, partite da oltre un anno, la perquisizione più importante lo scorso 30 Gennaio. Tutti gli elementi, insomma, acquisti abbondantemente dagli inquirenti. 

Ora il Blitz della Guardia di finanza di Salerno, nell’ambito di un’inchiesta per turbativa d’asta e corruzione, porta a sei misure cautelari. 

In carcere il sindaco di Capaccio Paestum e attuale presidente della Provincia di SALERNO, Franco Alfieri. Ai domiciliari sua sorella Elvira Alfieri, legale rappresentante della società Alfieri impianti, Andrea Campanile, dipendente del Comune di Capaccio facente parte dello staff del sindaco, Carmine Greco, responsabile tecnico dello stesso Comune e Vittorio De Rosa ed Alfonso D’Auria, rispettivamente legale rappresentante e procuratore speciale della società Dervit. 

Della vicenda colpisce, come sempre e dovrebbe indurre ad una riflessione, la custodia cautelare in carcere. Appare sproporzionata. 

Chi è accusato ha il diritto di difendersi da uomo libero, ha diritto ad un processo veloce. 

Sia, la custodia cautelare, non l’occasione per scatenare gli appetiti più feroci della politica ma l’occasione per riflettere, ancora una volta, sull’abuso di questa misura. E’ problema antico che nessuno, realmente, vuole affrontare.

Sia, in questa occasione ed è desiderio di chi garantista lo è per davvero, alta la riflessione. 

Serve un dibattito libero dalle tifoserie e dalla logica dello scontro contro le persone affinché la misura non si trasformi, è capitato troppe volte, nello strumento in mano alla Procura per chiedere ed ottenere le dimissioni di chi, è scolpito nella Costituzione, è innocente fino a sentenza passata in giudicato. 

La politica non cali le brache, non perda l’ennesima occasione per difendere la sua autonomia, la democrazia. Non può essere, in un Paese civile, un magistrato (senza un processo) ad interrompere una esperienza amministrativa.

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