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20 Aprile 2024

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Calciatori sotto tiro, il grido d’allarme “Serve più del Daspo”

Calciatori sotto tiro. A tutti i livelli, ma in particolare nei campionati professionistici con la Serie A capofila per quanto riguarda gli episodi da condannare. L’ottavo report dell’Assocalciatori, riferito alla stagione 2021-22 e presentato questa mattina al Centro Sportivo della Polizia di Stato Tor di Quinto, è un “grido d’allarme” come l’ha definito il ministro per lo sport e i giovani, Andrea Abodi, che va ascoltato e raccolto. Il ritorno negli stadi di calcio dopo la pandemia ha riportato cori razzisti e messaggi xenofobi, insulti verbali e minacce fisiche, in particolare verso i calciatori di vertice. Con una concentrazione verso gli atleti stranieri. L’Aic ha censito 121 casi in cui i calciatori sono stati fatti oggetto di offese, minacce e intimidazioni. Nell’85% dei casi, i campionati più a rischio sono stati quelli professionistici. La Serie A, con quasi 7 casi su 10 (68%), è il campionato dove i calciatori sono finiti maggiormente nel mirino degli ultras. Nel dilettantismo, invece, il picco si registra nei campionati di Terza Categoria e di Eccellenza. 
 “E’ una situazione preoccupante e la tendenza fa paura – ha dichiarato Umberto Calcagno, presidente dell’Assocalciatore – Le aggressioni verso i singoli sono sempre di più e ci si sposta verso il settore professionistico, in particolare quello apicale della Serie A che è molto più interessata rispetto al passato. Siamo noi calciatori i primi a reputare a volte normali certi atteggiamenti, ma normali non sono”. “Come mondo del calcio abbiamo delle responsabilità – ha aggiunto il presidente dell’AIC – significa che non siamo stati bravi a far capire che il calciatore è un ragazzo come tanti. Dobbiamo normalizzare la figura del calciatore, oggi è qualcosa che galleggia in un’altra dimensione”. L’esempio più lampante è quello legato a Nicolò Zaniolo. Calcagno si è detto “dispiaciuto che questioni che riguardano il rapporto contrattuale e di lavoro debbano poi portare a condizionare le scelte. Perché soggetti estranei al rapporto di lavoro hanno condizionato le scelte di lavoro di Zaniolo e la società sul mercato”. Altri dati riguardano i calciatori presi di mira principalmente come singoli (83%), soprattutto dentro gli stadi (60%), intimiditi e minacciati ricorrendo principalmente a cori (36%) e insulti verbali (22%). 
 I social network si confermano strumento per esercitare odio e violenza verbale e psicologica, ma anche circostanziate intimidazioni (9%). Nel 64% dei casi sono i tifosi avversari a rendersi autori degli atti, ma i calciatori devono difendersi anche dal cosiddetto ‘fuoco amico’: in un caso su tre, infatti, i violenti e gli insultatori sono proprio i tifosi amici. “C’è un clima particolarmente delicato che non può essere sottovalutato – ha spiegato Gabriele Gravina, presidente della Figc – I dati preoccupano ed evidenziano la necessità da parte delle istituzioni, noi per primi, di continuare a costruire mattone su mattone una sorta di schermo contro le aggressioni. Tutto questo richiede un’azione di sistema”. Preoccupato da un inizio di 2023 pieno di episodi – tra scontri in autostrada, faide tra tifosi e insulti razzisti nelle curve – Gravina ha detto che il Daspo “non è più sufficiente”. “Servono sanzioni più pesanti – ha concluso il n.1 del calcio italiano – non solo da parte nostra ma anche da parte dei giudici. Chi viene individuato dagli organi di polizia per atti di violenza non può cavarsela con un fermo di un’ora o di un giorno e poi con un Daspo”. 
Servirebbe, infine, “una maggiore collaborazione tra protagonisti del mondo del calcio e dello sport attraverso un maggiore e migliore ricorso alla tecnologia”. “Alcuni dirigenti si sentono padroni del calcio – ha detto il ministro Abodi – e più che padroni servirebbero staffettisti. Serve attenzione alle parole e agli atteggiamenti. Perché quando si scende nella piramide sociale, poi le parole trascendono nella bestialità”. L’appello del ministro alle società è quello di recidere la relazione equivoca con certe tifoserie, perché per ogni persona violenta che esce dallo stadio entrano tre persone normali e le famiglie”.

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