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“Affaire Bakayoko: i razzisti sono i poliziotti o chi ci marcia sopra?”

Josè Mourinho dice che “chi parla solo di calcio non sa nulla di calcio”. Parafrasando lo Special One, un osservatore attento non può limitarsi ad osservare soltanto uno spicchio della società, ma deve spingere lo sguardo fino dove può.

Nella giornata di oggi l’opinione pubblica è stata fortemente scossa dalla perquisizione di alcuni agenti di Polizia al centrocampista di proprietà del Milan Bakayoko.

La colpa di Bakayoko sarebbe soltanto quella di essere di coloro e, per questa ragione ( insieme alla sfortunata scelta dell’outfit ), sarebbe stato scambiato per un uomo sospettato di aver partecipato ad una rissa condita anche dall’uso di armi da fuoco.

E via polemiche. 

“Poliziotti razzisti”, “lo hanno fermato soltanto perché è di colore”, “bastardi” e così via. 

I poliziotti si sono attenuti alla segnalazione. L’auto corrispondeva. La corporatura anche. L’abbigliamento pure.

L’unica vera colpa che hanno quei poveri poliziotti è di non essere stati così attenti da conoscere Bakayoko. Beh, diciamocelo, sarebbe potuto capitare a chiunque.

Piuttosto parliamo di un’altra cosa. Cosa sarebbe successo se il calciatore perquisito fosse stato Olivier Giroud. Entrambi francesi. Entrambi del Milan. 

Come unica differenza il colore della pelle.

Conoscete la risposta. Non sarebbe successo nulla. Tutto sarebbe finito in un messaggio di scuse e una risata. Nessun polverone mediatico se non a sfondo comico.

Semplicemente perché è il focus che è sbagliato.

Più che dei poliziotti che hanno semplicemente fatto il loro lavoro nel perquisire un possibile soggetto pericoloso, ci dovremmo preoccupare di chi pensa che questa sia una notizia soltanto per il colore della pelle di Bakayoko.

È in questi commenti che si annida il vero problema del razzismo nel nostro Paese. Affrontare situazioni uguali in modo diverso. Questo è il razzismo.

Un osservatore attento

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