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La reattività del Governo italiano alla crisi energetica

di Valeria Torri

Draghi, al vertice Ue di Versailles, ha dichiarato: «non siamo in un’economia di guerra ma bisogna prepararsi». Ha assicurato che l’impegno sanzionatorio contro la Russia deve essere idealmente uguale all’aiuto alle famiglie e imprese italiane e, per quanto riguarda l’energia, ha parlato di circa 16 miliardi di euro di interventi di sostegno. La transizione ecologica richiede l’essere partecipi il più possibile dei processi di ricerca – per quanto riguarda le energie rinnovabili – il che comporta investimenti, ha detto. 

Draghi ha ricordato quanto sinora fatto dal suo Governo su questo tema. «Abbiamo messo in campo significativi incentivi per realizzare la sostituzione di impianti di produzione di energia termica alimentati da fonti fossili con impianti alimentati da fonti rinnovabili, comprese le pompe di calore, in alcuni casi anche accoppiati da impianti fotovoltaici». 

In queste settimane è sempre più tangibile l’effetto della guerra sulle economie al livello globale. Draghi ha auspicato reattività dei governi ai nuovi equilibri economici per trovare nuove relazioni commerciali e riorientare le opportunità di investimento italiane. 

Già nel 1973, il Governo italiano fu impegnato a gestire il problema della crisi energetica provocato dalla guerra arabo-israeliana che fu la causa di uno dei momenti più critici della storia del settore dei trasporti occidentali con l’embargo decretato dall’OPEC. Nell’ottobre del 1973, tra il 16 e il 20 ottobre, Arabia Saudita, Iran, Iraq, Abu Dhabi, Kuwait e Qatar, assieme alla Libia decisero, come risposta alle forniture militari Usa agli israeliani durante la guerra arabo-israeliana dello Yom Kippur, un aumento unilaterale del 70% del prezzo del barile di petrolio seguito dal taglio della produzione e dall’embargo contro gli Stati Uniti e le nazioni alleate che sostenevano Israele, Italia compresa. La reazione del Governo italiano alla crisi dei carburanti, nel novembre del 1973, consistette in un decreto sull’austerità, che, assieme ai rincari per i carburanti e per il gasolio da riscaldamento, imponeva anche un vero e proprio ‘coprifuoco’ per limitare i consumi di energia (taglio dell’illuminazione pubblica, riduzione degli orari dei negozi, chiusura anticipata per cinema, bar e ristoranti, sospensione alle 23 dei programmi televisivi). Ed il 2 dicembre del 1973 arrivò la prima domenica di stop alle auto private e agli altri veicoli a motore non autorizzati (misura che in seguito sarebbe stata usata anche per limitare lo smog), con un risparmio per ogni giornata ‘a piedi’ (ma più frequentemente in bicicletta) di 50 milioni di litri di carburanti. 

Le conseguenze sull’industria furono assai pesanti. L’economia dei Paesi occidentali, infatti, era fortemente dipendente dal petrolio che, già da tempo, rappresentava la più importante fonte di energia. L’embargo del 1973 provocò un forte incremento del prezzo del greggio e quindi dei combustibili, dei propellenti e di altri prodotti chimici derivati. Quella grave crisi energetica indusse alcune Nazioni europee a intensificare la ricerca di fonti alternative al petrolio, quali il gas naturale e l’energia atomica. 

In Italia, nel 1975 avvenne il varo del primo Piano Energetico Nazionale (PEN) che prevedeva, fra le altre cose, un forte sviluppo della componente nucleare. L’incidente di Černobyl del 1986 portò a indire in Italia,  l’anno successivo, tre referendum nazionali sul settore nucleare il cui risultato portò, di fatto, all’abbandono del PEN. 

«L’Italia – ha detto il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani – sta pagando errori storici per non aver diversificato la produzione energetica. I nostri compagni Ue non si sono fermati come noi a gas e a poche rinnovabili. Anche con una spinta ambientalista falsa abbiamo ridotto la produzione di gas nazionale ma abbiamo continuato a consumarne. Ora dobbiamo diversificare e recuperare rapidamente il terreno perduto prendendo gas da altre regioni. Dopodiché serve una misura drastica». Cingolani ha fatto riferimento al progetto Repower Eu, un pacchetto che prevede diverse misure, dagli extraprofitti a diverse misure fiscali, al quale sta lavorando l’Europa.

Oggi, come in ogni fase critica della nostra storia recente, la perdita degli equilibri ritenuti acquisiti conduce a cercarne necessariamente di nuovi, e nell’atteggiamento di reattività alla crisi in corso si scorge una risorsa preziosa, sia per l’Italia sia per il resto del mondo libero.

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