15.3 C
Napoli
20 Aprile 2024

Chi siamo

Nude allo specchio, ecco Nina Belfiore: quell’altalena chiamata bipolarismo

Di Felice Massimo De Falco

Ciao sono Nina Belfiore. Sono nata difettosa, questo dono deve avermelo fatto mia madre. A volte non servono diagnosi, a volte te ne rendi conto, perché tutto sembra così surreale. Lei è sempre stata surreale. Ho avuto un’infanzia terribile, dove ho dovuto sempre difendermi. Fino a 23 anni quando poi sono andata via di casa. Ma non sapevo ancora di essere quello che sono, una paziente psichiatrica, con il disturbo bipolare di tipo II. Non mi avevano ancora “catalogata” e anche per me era difficile dare una risposta alle mie paure, a quei tagli che mi facevo minuziosamente sul braccio, perché il dolore nel petto era troppo grande e sentirlo lì, sulla carne lacerata mia aiutava a dislocarlo altrove e il sangue mi dimostrava che ero viva, che in me c’era vita. Ero introversa, persino eccessivamente timida, ancora evidentemente la sindrome non aveva preso possesso di me. Lo fece quando mi separai dal mio ex marito. Fu un dolore fortissimo. Lo conobbi che avevo 16 anni e lui 19, otto anni di fidanzamento e dieci di matrimonio. Avevo solo lui, gli sono sempre stata fedele. Per questo quando mi disse “E’ così, fa quello che vuoi”, a me è crollato il mondo addosso. Fu la prima volta che accettai l’aiuto di uno psichiatra, quello che poi è diventato il mio punto di riferimento non solo per la mia malattia, ma anche per la vita, un padre per me. Mi fu inizialmente diagnosticata una depressione maggiore, ne avevo tutti i sintomi, finchè poi con i farmaci ebbi il primo episodio di ipomania. Un qualcosa che mi mise in forte pericolo di vita. Non accadde nulla, ma sarebbe potuto accadere. Accettai l’invito di uno sconosciuto, in un luogo in cui non avevo punti di riferimento. Lo raccontai al dottore, che mi disse di andare al suo studio il giorno seguente e mi diagnosticò la sindrome bipolare. Per anni non ho capito cosa avessi. Per anni ho preso e cambiato farmaci, a volte li ho dismessi e questo è stato il più grave errore della mia vita. Perchè dismettere i farmaci significa salire su di un ottovolante senza protezione alcuna. E ogni volta c’era una ricaduta, sempre più pesante, sempre più lunga, una depressione che mi divorava ogni energia, anche la più piccola. Ad ogni cambio di stagione c’era anche il cambio del mio umore, ho affrontato anche fasi miste, in cui l’umore era talmente vario e variegato da non fare in tempo a provare un’emozione che subito se ne accavallava un’altra. Ho tentato il suicidio sei volte. E sto ancora qui. Evidentemente o sono una grande incapace anche in questo o ciò vuol dire che devo stare in questa vita per qualcosa, che ancora non so. Finalmente dopo tanto, grazie alla pazienza del mio dottore e alla sua grande conoscenza dei farmaci, soprattutto di quelli di “nuova generazione”, ho trovato dieci anni di eutimia. Finalmente potevo vivere e non sopravvivere. In tutti questi anni la mia famiglia non mi è stata d’aiuto in nulla. Gli davano persino fastidio dei ricoveri che volontariamente ho deciso di fare, proprio perché avevo la responsabilità di mio figlio, affidato totalmente a me. E dovevo essere presente, dovevo essere lucida, non potevo permettermi sbagli. Ma anche lui, mio figlio, non ha capito. Fino a vent’anni, sì, poi forse perché pensavo che finalmente potessi sentirmi male, quando stavo male, deve aver pensato che avrebbe dovuto occuparsi di me. E’ andato via. Non lo vedo da quasi tre anni. Molti pensano che essere bipolari sia cambiare umore e basta. Non sanno che è una malattia altamente invalidante, sottovalutata dalle famiglie, che si sentono sempre oberate da questi fastidiosi “folli” e non pensano a quanto soffriamo l’indifferenza, la solitudine, l’incomprensione, gli indici puntati contro, gli effetti collaterali di ogni singolo farmaco, i ricoveri, le depressioni, le fasi up. Quanto vorremmo vivere e non sopravvivere, essere a volte normali, provare emozioni normali e non stare sempre a chiederci cosa siamo.

Nina si mette “a nudo” per noi

  • Molto spesso i segni di ciò che si prova non hanno rappresentazione verbale: tu riesci sempre a comunicare ciò che senti?

Sì, riesco perché ho raggiunto un grado di consapevolezza elevato di quello che ho. Tanto é che riesco, se voglio, entrare ed uscire dalla fase di ipomania. Piuttosto, ho avuto sempre difficoltà a fare comprendere agli altri la mia malattia. É difficile da accettare.

  • Il bipolarismo é una grave malattia invalidante: hai imparato a fronteggiarla o ne sei martire indifesa?

Ho imparato grazie all’aiuto e agli strumenti che mi ha dato il mio psicoterapeuta e ai farmaci. Tuttavia, il fatto di sentirmi non compresa dai miei familiari, mi fa sentire a volte inutile.

  • Quanto c’é di vissuto personale che fa scaturire questo male e quanto di biologico?

Molto di biologico, ma anche una buona componente familiare.

  • Si tratta di sopravvivere: come passi le tue giornate negative e quelle positive?

Cerco in entrambi i casi di tirare fuori il meglio di me. Cerco di non abbattermi e di non lasciarmi andare a pensieri negativi. Stare in mezzo agli altri aiuta molto. O dedicarsi a delle cose che ci fanno stare bene.

  • Sei favorevole all’eutanasia legale anche per i disturbi psichici?

Personalmente sì. Mi sento stanca, tanto. É faticoso passare una vita sempre a chiedersi dove finisce la malattia e dove iniziamo noi.

  • Sfatiamo un tabù: il bipolare non é un minus habens ma molto spesso una persona molto intelligente. Ecco, come impieghi le tue risorse intellettive?

Scrivo, mi piace e mi rilassa molto. Faccio foto, per alcuni anni ho fatto la fotografa di scena. Giro per musei, leggo.

  • Hai vissuto come un abbandono il distacco da tuo figlio?

Sì. Non riesco ancora a superarlo. Non capisco perché debbo sentirmi in colpa se ho una malattia. Non l’ho scelto.

  • I farmaci possono non bastare: e allora a cosa ci si attacca per non sprofondare?

La psicoterapia e imparare ad amarsi.

  • Hai ancora curiosità per la vita?

No, sono stanca. L’amore potrebbe salvarmi, mi darebbe stabilità emotiva.

  • Quali sogni ti ha tolto la malattia?

Tutti. Mi ha tolto me stessa.

Articoli correlati

Ultimi Articoli