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Il guaio del governo con i crediti del superbonus

Di Felice Massimo De Falco

Martedì un centinaio di imprenditori edili ha partecipato a una manifestazione organizzata a Roma contro l’articolo 28 del decreto Sostegni ter, approvato a fine gennaio dal governo per cercare di contrastare le diffuse frodi legate al superbonus 110%, l’agevolazione fiscale per gli interventi di ristrutturazione che migliorano l’efficienza energetica di case e condomini. Di fatto, il provvedimento blocca la cessione a più intermediari dei crediti d’imposta, cioè le detrazioni sulle tasse, trasferiti in precedenza tra privati, imprese e banche di fatto come strumento di pagamento. Era stata una delle misure che più avevano garantito un’immediata disponibilità di soldi e spinto in modo significativo le ristrutturazioni.

Gli effetti di questa misura, tuttavia, potrebbero non essere stati valutati con sufficiente attenzione dal governo, dato che la limitazione nelle cessioni dei crediti fiscali ha convinto enti e banche a sospenderne l’acquisizione, costringendo le imprese a rivedere i bilanci e a ridiscutere le condizioni con i clienti in corso d’opera. In sostanza, prima i cantieri proliferavano anche perché le cessioni dei crediti li rendevano particolarmente convenienti: senza questa possibilità, molti lavori si sono fermati e le imprese protestano.

Il rischio è che il mercato delle ristrutturazioni si areni fortemente, con conseguenze pesanti per un settore in forte espansione proprio grazie ai bonus. “Non si possono cambiare le carte in tavola quando abbiamo fatto milioni di investimenti e assunto oltre 25 operai”, ha detto all’agenzia ANSA un imprenditore che martedì era alla manifestazione in piazza della Repubblica, a Roma. “Ho quasi un milione di credito che non posso più scontare dalle banche che hanno messo un fermo. Il rischio è il fallimento”.

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